Questo è un piatto tipico della cucina veneziana. Carlo Goldoni ne parla nella sua opera in dialetto veneziano ” le done de casa soa”. “Saor” in diletto veneto significa “sapore” e gli ingredienti di questa ricetta, che pare risalire al 1300, sono semplici e poveri e vedono come protagoniste le sarde, le cipolle e l’aceto. Il “saor ” era sostanzialmente un metodo di conservazione del pesce in assenza di frigoriferi caratterizzato dall’agrodolce della cipolla macerata nell’aceto. Ai tempi della Venezia Repubblica Marinara erano numerose le incursioni di questa potenza militare nel Mediterraneo per cui nasceva l’esigenza dei marinai di potersi approvvigionare di alimenti che sarebbero durati nel tempo ecco quindi che per mantenere le sarde commestibili le posizionavano a strati all’interno di contenitori alternandole con farciture di cipolle imbiondite a fuoco basso con l’aggiunta di aceto. In questo modo durante le prime 24 ore esse ottenevano una maturazione organolettica unica ed una commestibilità che si protraeva per circa dieci giorni, è noto infatti chela cipolla e l’aceto posseggono qualità antisettiche che contribuiscono ad allontanare quei microorganismi responsabili del deterioramento dei cibi.
Qui propongo una ricetta che prevede un “saor” più aromatizzato con diverse erbe e spezie ed in cui viene utilizzata al posto della cipolla bianca quella rossa. Questo piatto può costituire un ottimo antipasto ma anche un buon secondo.
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Cipolline rosolate
La base di questo piatto è un tipo di cipollina bianca e dolce, molto indicata è la pregiata cipollina borettana coltivata sin dal 1400 a Boretto, comune in provincia di Reggio Emilia. E’ una varietà nota anche come cipolla piatta di Como o di Rovato ed ha un importante valore nutrizionale perché ricca di molti sali minerali.
Vi suggerisco questo modo semplicissimo di cucinarle, ereditato da mia nonna, che regala delle cipolline deliziose da gustare sia come contorno che come antipasto freddo.
Chutney di cipolle rosse
La cipolla (allium cepa), componente base di questa chutney, si ritiene originaria dell’Iran o dell’Afganistan e che sia stata introdotta in Europa dai greci. E’ uno degli ortaggi più antichi tra quelli consumati dall’uomo: godette di una grande considerazione presso gli Egizi che non solo ne fecero oggetto di culto, associando la sua forma sferica ed i suoi anelli concentrici alla vita eterna, ma la venerarono come una divinità da invocare a testimonianza di giuramenti o da mettere in mano ai defunti come lasciapassare per l’aldilà. Alessandro Magno la somministrava alle sue truppe per aumentarne il valore. Nell’antica Grecia sembra che gli atleti ne mangiassero in grande quantità perché convinti che alleggerisse il sangue mentre i gladiatori romani si strofinavano il corpo con le cipolle per rassodarne i muscoli. Discoride (medico, botanico e farmacista greco che esercitò a Roma durante l’impero di Nerone) sottolineava che la varietà bianca fosse più adatta come alimento, mentre, quella rossa, come medicinale, anche Galeno affermò la stessa cosa ritenendo il colore rosso indice di una più intensa efficacia curativa. Nel Medioevo le cipolle costituivano un alimento molto importante tanto da essere utilizzate non solo come cibo ma anche come merce di scambio per pagare gli affitti o come doni.
Il termine inglese chutney indica un tipo di condimento tipico della cucina indiana e diffuso in tutta l’Asia meridionale, che gli inglesi importarono dall’Oriente dopo la dominazione britannica in India, viene consumato nei sendwich, con i formaggi (il cheddar, il cheshire, lo stilton). E’ una preparazione sempre speziata ed agrodolce solitamente contiene verdure o frutta cotte a lungo con zucchero e aceto. Viene utilizzata come salsa di accompagnamento agrodolce per pietanze dal gusto delicato.
Il chutney più famoso è quello di mango ma ne esistono di mele, ananas, prugne, pesche, albicocche, pomodoro, cipolle, melenzane, fichi, cocco, datteri, menta, e tanti altri ancora. Le spezie più usate sono il pepe nero, lo zenzero, la curcuma, il garam masala, semi di senape, coriandolo.
Di solito i chutney accompagnano il piatto principale per esempio carne di maiale arrosto, ma sono molto buoni anche con verdure fritte o lessate, lenticchie e ceci, formaggi freschi o stagionati, riso, carni bollite o cotte a vapore, pesce.
Calamarata alla genovese
il ragù alla genovese è un classico della cucina napoletana anche se la denominazione porterebbe a pensare ben altra origine. Le ipotesi più accreditate fanno risalire l’origine del nome ad alcune osterie insediate nella zona del porto di Napoli nel periodo della dominazione aragonese (XV secolo) e gestite appunto da cuochi genovesi che erano soliti cucinare un sugo a base di cipolla con un pezzo di carne intero così da ricavarne una salsa utile poi per condire la pasta. Altre fonti storiche fanno risalire la ricetta ai marinai della “Superba” che sbarcavano a Napoli nel XVIII secolo portando con sé le loro usanze alimentari .
Con il ragù alla genovese si condiscono tradizionalmente i ziti, un tipo di pasa di grano duro di forma allungata tubolare e cava con superficie liscia, varietà tipica della tradizione culinaria meridionale , il loro nome deriva dal dialetto “ziti” che significa fidanzati, in passato infatti venivano serviti durante le cene di fidanzamento.
Altro tipo di pasta adatto a questo tipo di condimento è la calamarata di Gragnano caratterizzata da una superficie liscia e dalla forma ad anello simile alla lavorazione ad anello dei calamari. Continua a leggere