Gratin di peperoni

Il peperone, originario dell’America del Sud (Brasile) e della Giamaica, arriva in Europa nel 1493 con il secondo viaggio di Cristoforo Colombo e si diffonde velocemente nel continente europeo trovandovi un clima propizio nelle regioni mediterranee e si può dire che tutte le popolazioni che si affacciano sul Mediterraneo lo conoscono e lo consumano in tanti modi diversi: crudo, arrostito, fritto, in umido.
In Europa questo ortaggio fu chiamato con il termine botanico “Capsicum” parola latina che deriva dal greco Kapto che significa “mordo con avidità”  ma il nome volgare inizialmente fu  “pepe d’India” e “pepe del Brasile”  e solo in seguito assunse il nome di peperone  a causa del suo sapore  molto affine a quello del pepe. Nell’ambiente d’origine è un arbusto perenne mentre nelle nostre zone è coltivato come pianta annuale. Esso appartiene alla famiglia delle solanaceae come il pomodoro, la patata e la melenzana. E’ ricco di vitamina C anche più degli agrumi se lasciato crudo dunque ha molte caratteristiche salutari tra le quali quelle antiossidanti ma è molto ricco anche di betacarotene, varie vitamine del gruppo B e molti sali minerali quali il potassio, il ferro il magnesio ed il calcio. Le varietà dei peperoni sono numerose, ma  è utile fare subito una distinzione cromatica infatti i peperoni non perfettamente maturi hanno sempre una tonalità verde al contrario di quelli maturi che possono essere rossi o gialli. A proposito Leonardo da Vinci usava il peperone essiccato e pestato per ricavarne alcune tinte dei suoi affreschi.
Oggi  vi propongo una ricetta che ha come base i peperoni arrostiti che cotti in questo modo possono essere utilizzati come contorno ma anche come ulteriore condimento per pizze  o per preparare antipasti ed altro ancora, per chi disponesse di un camino potrebbe cuocere i peperoni sulla brace ottenendo sapori e profumi  più intensi e variegati.

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Frappe e chiacchiere e… chiacchiere e…

E’ tempo di carnevale è tempo di dolci chiacchiere…. Secondo molti l’origine delle chiacchiere risalirebbe all’epoca romana in cui venivano fatti dolcetti a base di uova e farina chiamati “frictilia” che venivano appunto fritti nel grasso di maiale e preparati dalle donne romane per festeggiare i saturnali (festività  corrispondente al nostro carnevale); si usava farne in grosse quantità in quanto semplice da realizzare ed a basso costo e dovevano servire per tutto il periodo della Quaresima. Altra leggenda vuole che il nome “chiacchiere” risalga alla regina di Savoia che appunto un giorno durante una amabile “chiacchierata” le venne fame e dunque ordinò al cuoco di corte, Raffaele Esposito, di fare un dolce che potesse allietare lei ed i suoi ospiti e quindi egli, prendendo spunto dalla chiacchierata regale, diede il nome di chiacchiere a quel dolce veloce , semplice e sfizioso che preparò al momento.
Bugie, cenci, cioffe, crostoli, fiocchetti, frappe, galaniguanti, intrigoni, latughe,  maraviglias, merveilles,  sfrappole , ghisa , sossole , sprellegalarene, stracci, pampuglie, risole ………. ogni regione e città italiana li chiama a modo suo questi dolci di antichissima tradizione che qui vi propongo avvolti da zucchero a velo o intinti in un delicato ed avvolgente sciroppo agrumato.

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Vellutata di broccolo romanesco con puntarelle

Oltre che bellissimo da vedere per via della disposizione geometrica delle sue cime che richiama i “frattali” cioè oggetti geometrici che si ripetono nella loro struttura nel medesimo modo su scale diverse, il broccolo romanesco è anche ottimo da mangiare, è molto saziante ha un basso contenuto di  calorie e contiene vitamina C e calcio. Sin dall’antichità nella campagna romana era presente la coltivazione di questo ortaggio di cui fa menzione Gioacchino Belli in un suo sonetto del 1834 definisce l’ortolano che lo vendeva “Tozzetto” riferito proprio al torso del broccolo romanesco  da lui coltivato e poi venduto. Questo piatto pur essendo molto semplice da preparare  è raffinato per la sua delicatezza esaltata dal gusto speciale del pepe nero di Serawak , spezia originaria del Borneo che racchiude in sé note fruttate e lievemente resinose che dona generosamente alle pietanze. Vi consiglio di gustare questa crema non troppo calda perché meglio si avvertiranno i variegati sapori di cui è composta.

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Ananas con crema di mascarpone all’aroma di anice per “Frida”

Concludo il mio personale omaggio a Frida Kahlo con la ricetta di un dessert delicato ed avvolgente che per le sue qualità di freschezza e leggerezza si adatta benissimo ad essere degustato sia in inverno che d’estate. Tra gli elementi protagonisti di questo dolce si distingue l’ananas.  Si suppone che esso sia originario dell’America del Sud da cui deriverebbe l’etimologia del nome, gli indios infatti chiamavano questo frutto “anana” cioè “profumo”, d’altra parte si sostiene che il nome ananas potrebbe derivare anche da due parole arabe “ain-anas”   che significano “occhio umano” per della forma delle scaglie che ricoprono la polpa. Sono molteplici le proprietà benefiche di questo frutto tra le quali importante è l’azione digestiva, antinfiammatoria, antiossidante ecc. ma per sfruttare a pieno l’azione del principio attivo in esso contenuto, la bromelina, è preferibile consumarlo crudo.

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