E’ un piatto molto semplice da realizzare ma dai sapori intensi e sorprendenti che riunisce in sè i profumi della terra e del mare baciati dal sole.
Il peperone crusco, piantato tra febbraio e marzo, viene raccolto all’inizio di agosto. Nei paesi della Basilicata sono appesi a finestre e balconi, intrecciati insieme con ago e filo dal picciolo, i peperoni formano lunghe collane che il tempo rende sempre più rosse. Il peperone di Senise, paese della Basilicata, riconoscibile per la dimensione( più piccolo) e per la forma(appuntito, tronco o a uncino) è detto anche zafaran forse perchè il colore dei peperoni secchi ridotti in polvere ricorda quello dello zafferano.
I cannoli siciliani
Io credo che la cucina sia la chiara dimostrazione che l’incontro di culture diverse generi sublimi alchimie. Questo è proprio il caso dei cannoli siciliani. E’ difficile ricostruire la storia di questo raffinato dolce perché, come è noto, la Sicilia ha visto il susseguirsi nei secoli di tante dominazioni che hanno prodotto una stratificazione di culture diverse che si ritrovano nella cucina.
Marco Tulio Cicerone, quando era questore in Sicilia prima di diventare console romano, per descrivere la prelibatezza di questo dolce lo descriveva così “Tubus farinarius, dulcissimo, edulio ex lacte factus (cannolo farinaceo ripieno di un dolcissimo cibo a base di latte) ”. La tradizione racconta che la ricetta originale proverrebbe dalla zona di Caltanissetta e che le suore di clausura lo prepararono partendo da una antica ricetta romana poi rielaborata dalle donne arabe che vivevano negli Harem di Caltanissetta. L’etimologia del nome di questa città si riporta alla locuzione araba “ Kalt El nisa” che significa letteralmente “il castello delle donne” infatti proprio in quel luogo gli emiri saraceni stabilirono la sede dei propri harem. Anche il duca Alberto Denti di Pirajno, cultore di gastronomia, sosteneva che “il cannolo non è un dolce cristiano, chè la varietà dei sapori e la fastosità della composizione tradiscono una indubbia origine mussulmana”. Il riferimento del nome potrebbe anche essere legato alle canne del fiume intorno a cui veniva arrotolata anticamente la pasta con cui si preparavano per festeggiare il carnevale. In ogni caso Gli arabi come i greci furono portatori di molte novità nel campo dell’arte ed anche nella cucina in particolare introdussero la canna da zucchero, il riso, le mandorle, il gelsomino, il cotone, l’anice, il sesamo, la cannella e lo zafferano. Essi erano pasticceri abilissimi e se è vero che la ricotta di pecora era già prodotta in Sicilia è pur vero che furono p gli arabi ad introdurre la sua lavorazione con canditi, pezzetti di cioccolato e liquori, dando vita all’accoppiata vincente ricotta e zucchero. Continua a leggere
Variazione di “Clafoutis”
L’origine di questo dolce è francese originario della regione del Limousin. Il suo nome deriva dall’occitano “clafotis” e più precisamente dal verbo “clafir” che significa riempire. Il classico “Clafoutis” è fatto di ciliegie nere annegate in una pastella a base di uova latte e farina. In realtà ne esistono molte varianti sia dolci, in cui si usano diversi tipi frutta come pere, mele, albicocche, more, frutta secca, fichi ecc., che salate. Le signore francesi che cucinano spesso questo dessert vengono chiamate “clafouteuses” . Questo è un dolce che si adatta benissimo ad essere preparato in estate perché è molto semplice e veloce da realizzare ed è ottimo freddo. Qui ve lo propongo con pesche prugne e cocco.
la Parmigiana
L’origine di questo straordinario piatto è contesa tra i siciliani ed i napoletani. La prima ricetta ufficiale della parmigiana si trova nel trattato “Cucina teorico pratica” di Ippolito Cavalcanti Duca di Buonvicino, pubblicato a Napoli nel 1839. Il nome potrebbe derivare dall’uso del parmigiano, ingrediente fondamentale della ricetta, ma anche dal termine dialettale siciliano “parmiciana” che indica l’anta a listelli delle persiane di legno, che ricorda la forma in cui le melanzane si tagliano e il modo in cui si dispongono nella teglia.