Io credo che la cucina sia la chiara dimostrazione che l’incontro di culture diverse generi sublimi alchimie. Questo è proprio il caso dei cannoli siciliani. E’ difficile ricostruire la storia di questo raffinato dolce perché, come è noto, la Sicilia ha visto il susseguirsi nei secoli di tante dominazioni che hanno prodotto una stratificazione di culture diverse che si ritrovano nella cucina.
Marco Tulio Cicerone, quando era questore in Sicilia prima di diventare console romano, per descrivere la prelibatezza di questo dolce lo descriveva così “Tubus farinarius, dulcissimo, edulio ex lacte factus (cannolo farinaceo ripieno di un dolcissimo cibo a base di latte) ”. La tradizione racconta che la ricetta originale proverrebbe dalla zona di Caltanissetta e che le suore di clausura lo prepararono partendo da una antica ricetta romana poi rielaborata dalle donne arabe che vivevano negli Harem di Caltanissetta. L’etimologia del nome di questa città si riporta alla locuzione araba “ Kalt El nisa” che significa letteralmente “il castello delle donne” infatti proprio in quel luogo gli emiri saraceni stabilirono la sede dei propri harem. Anche il duca Alberto Denti di Pirajno, cultore di gastronomia, sosteneva che “il cannolo non è un dolce cristiano, chè la varietà dei sapori e la fastosità della composizione tradiscono una indubbia origine mussulmana”. Il riferimento del nome potrebbe anche essere legato alle canne del fiume intorno a cui veniva arrotolata anticamente la pasta con cui si preparavano per festeggiare il carnevale. In ogni caso Gli arabi come i greci furono portatori di molte novità nel campo dell’arte ed anche nella cucina in particolare introdussero la canna da zucchero, il riso, le mandorle, il gelsomino, il cotone, l’anice, il sesamo, la cannella e lo zafferano. Essi erano pasticceri abilissimi e se è vero che la ricotta di pecora era già prodotta in Sicilia è pur vero che furono p gli arabi ad introdurre la sua lavorazione con canditi, pezzetti di cioccolato e liquori, dando vita all’accoppiata vincente ricotta e zucchero. Continua a leggere
Archivi categoria: Dolci
Variazione di “Clafoutis”
L’origine di questo dolce è francese originario della regione del Limousin. Il suo nome deriva dall’occitano “clafotis” e più precisamente dal verbo “clafir” che significa riempire. Il classico “Clafoutis” è fatto di ciliegie nere annegate in una pastella a base di uova latte e farina. In realtà ne esistono molte varianti sia dolci, in cui si usano diversi tipi frutta come pere, mele, albicocche, more, frutta secca, fichi ecc., che salate. Le signore francesi che cucinano spesso questo dessert vengono chiamate “clafouteuses” . Questo è un dolce che si adatta benissimo ad essere preparato in estate perché è molto semplice e veloce da realizzare ed è ottimo freddo. Qui ve lo propongo con pesche prugne e cocco.
Babà profumato agli agrumi
Il Babà è un dolce estremamente raffinato ed elegante e pur rappresentando uno dei protagonisti assoluti della pasticceria tradizionale napoletana in realtà le sue origini sono legate a diverse culture, sembra infatti che esso derivi da un dolce polacco a lievitazione naturale ( “babka ponczowa”) passato dalla Francia per arrivare poi a Napoli. Si narra che questo dolce sia stato realizzato agli albori del XVIII secolo per caso dallo zar polacco Stanislao Lesczynki . Sembra che al sovrano non piacesse molto il dolce tipico polacco ( kugelhupf ) per la sua secchezza quindi stanco che gli venisse servito sempre questo dessert lo prese e lo scaraventò dall’altra parte della tavola andando a colpire una bottiglia di rhum che versandosi inzuppò il dolce: il suo profumo intenso colpì l’olfatto dello zar che volle assaggiarlo. Rimanendone estasiato. lo zar volle chiamarlo ” All Baba ” in onore di uno dei personaggi de “Le mille e una notte” libro che adorava. Successivamente il sovrano detronizzato si rifugiò in esilio in Francia, grazie alla parentela con Luigi XV, portando con sé il suo amato dolce la cui ricetta fu messa a punto dai maestri pasticceri parigini. Essi semplificarono il nome in “baba”. Alla fine il famoso dolce approdò a Napoli per merito dei “monsù” i cuochi francesi al servizio delle nobili famiglie partenopee. I pasticceri napoletani trasformarono il nome in “babbà” dando vita ad un vero e proprio mito cittadino.
Scorzette candite d’arancia
Il termine candire proviene dall’arabo “ qandat ” che significa zucchero, la canditura è un metodo di conservazione di parti di piante commestibili, di solito frutta, attraverso la loro immersione in uno sciroppo di zucchero. Già alle antiche popolazioni della Cina e della Mesopotamia era nota la conservazione mediante zuccheri, come lo sciroppo di palma ed il miele. Gli antichi romani addirittura conservavano il pesce immergendolo nel miele. I veri precursori della canditura moderna sono gli arabi che servivano agrumi e rose candite nei momenti clou dei loro banchetti. E’ grazie ai mercanti veneziani, prima, e genovesi, poi, che la canditura si conobbe e diffuse in Occidente,